Guarda la foto e scrivi

Esercizio di scrittura

Scrivere è divertimento, scazzare e farfugliare, scriversi addosso, in questo caso scrivere di una foto. Ho intercettato questa immagine sconosciuta su Tumblr, mi ha colpito al volo, al primo sguardo. La scarico e la spalanco sullo schermo. La qualità è abbastanza buona al punto da zoomare alto, a 200% vedo particolari. Intanto lei è lì nel nulla vicino a due infissi che sembrano scorrevoli, leggermente scostati; ora mettiamo sia uno scatto rubato (è la versione che preferisco) allora spacca. Ha tre tatuaggi visibili, non è artefatta, cioè lei non è ritoccata digitalmente. La location è vera, funziona tutto e infatti è un immagine strepitosa.

Al primo Corso di Scrittura che ho frequentato nel 2008, Jadel – il Prof – ci fece due coglioni così (per fortuna) sullo scrivere la scheda dei personaggi, ci introdusse al piacere di scoprirli, di parlargli, di coglierne le caratteristiche, anche le più intime. Ho fatto la scheda della tipa nella foto e si è aperto un universo. Per parecchio tempo non voleva dire nemmeno come si chiama, era schiva, non si fidava di me, sbagliavo approccio. Poi ho iniziato a fare domande gentili e lei gentilmente si è aperta, è nata una relazione. Mi ha detto molte cose, la sua data di nascita, che è mancina, la macchina che ha, famiglia, lavoro, amiche e amici e molto altro. Le ho chiesto se voleva le facessi l’oroscopo, ha detto ok allora ho contattato una cara amica, una professionista in Astrologia, Vanessa Visani, le ho mandato la data di nascita e l’ora così le ha fatto il tema natale e mi ha spedito tutto quello che gli astri dicono di lei. Vi ricordo che è un personaggio immaginario ma preferisco pensare sia sempre stata lì, aveva solo bisogno di essere svelata. Fare la scheda personaggi è una figata, è speciale, da dipendenza. Spero vi divertiate a leggere come mi sono divertito a scrivere.

Ah, mi ha dato il permesso di farvi sapere come si chiama, Costanza.

Quindi l’esercizio comincia, guardo la foto e scrivo.

Apro gli occhi. E’ martedì mattina presto del mese di marzo, mia moglie dorme ancora. So cosa succederà oggi. Mi alzo dal letto e guardo attraverso le tapparelle abbassate della finestra. Il sole è sorto da dietro le colline, il cielo è velato, mi piace e ora che sono in piedi sento l’adrenalina buona della bugia, il piacere della finzione. Il gatto nero obeso steso sul lenzuolo ai suoi piedi mi osserva sonnecchiando, avrà intuito? Il codice animale che non conosciamo gli permette di leggere l’anima oltre al corpo e allo sguardo? Cancello il pensiero, resetto ed entro in bagno. Esco dopo la barba accuratamente tagliata e quattro schiaffi sul volto con un dopobarba noir molto alcolico. Il caffè gorgoglia, lei ha già messo le tovagliette per la colazione e ha acceso la tv, danno una fiction assurda, a lei piace. Le do un bacio e vado in cucina. Mi preparo uno zabaione, so che è inconsueto ma la sua attenzione è alla fiction, non immagina, meglio così. Due cucchiai di zucchero nell’uovo montato e il caffè. Non parliamo, tutto nella norma di una mattina come tante. Poi le dico: ho del lavoro da fare e starò fuori tutto il giorno, fino a sera, a cena dovrei essere a casa. Ciao.

«Ciao anche tu, passa una buona giornata.»

Scendo le scale al piccolo trotto, ora l’adrenalina compare forte, la sento in mezzo alle gambe, sorrido.

Con l’ auto arrivo in città, ci siamo dati appuntamento nella laterale di un viale alberato, una stradina imboscata e anonima, un buon posto per un luetto.

Arriva e parcheggia dietro di me, la vedo dagli specchietti. Scende dalla macchina, una Volvo V 40 bianca; mi viene incontro e noto il suo muoversi nello spazio, ha gli occhiali scuri anche se non servirebbero, li ho anch’ ‘io. E’ magra e slanciata, la chioma di capelli bruni ricci e lunghi sta composta , spiccano le sue labbra tinte rosso carne. La prima volta che le parlai abbandonai lo sguardo fisso sulla sua bocca, l’ ho desiderata da subito, mordere quelle labbra turgide diventò un imperativo. Jeans stretti infilati negli stivali marrone scuro, alti, tacco medio, Bomber nero allacciato, collo scoperto. E’ bellissima, menzognera, misteriosa, è qui per me. Spalanca la portiera e sale nella mia auto. Ciao.

«Ciao.»

Si apre il giubbotto, pare accaldata anche se fuori ci sono cinque gradi.

«Posso fumare in macchina?»

«Sicuro, fumo anch’io.»

Cerca le sigarette nella borsetta con fare insicuro, le metto una mano sulla coscia sinistra, la guardo, mi guarda.

Le indico il cruscotto – prendi una delle mie, anzi accendine due – Indugia. Allora le metto la mano dietro al collo, la trascino a me e la bacio, morbidamente, stampo le labbra nelle sue, accetta la lingua e ricambia. E’ la prima volta che ci baciamo ma sembra sia sempre stato così. Poi rialza il viso, ha un momento di turbamento e si guarda in giro. Siamo soli, alle otto e mezza di mattina in quella strada non passa nessuno. Si toglie gli occhiali da sole e vedo un barlume di indecisione. La ribacio e stavolta è lungo, umido, caldo e pieno di sapori. Mischiamo i nostri aliti e le nostre salive mentre la copro con il mio braccio sulla spalla destra, siamo a posto. Avvio la macchina mentre dà fuoco a due sigarette, me ne passa una e la sua mano non trema. Le unghie curate, dita affusolate e magre. Non ha la fede, noto la leggera chiarezza nel dito dell’anello mancante. Guardo l’altra mano, l’ ha messa nella destra. Io no, ho la fede dove deve stare.

Alzo un po’ il volume, ho un CD dei Tuxedo Moon nello stereo dell’auto; Holy Wars. La voce di Steven Brown lamenta e sottintende atmosfere cupe e strane, clarinettate stanche. Stiamo ancora in silenzio poi lei parla.

«Come stai? Andiamo dove hai detto al telefono?»

«Sto benissimo, si, ho già prenotato la camera; è riservata, faccio tutto io, c’è un ascensore nel garage che porta direttamente al piano. Non vedevo l’ora di vederti. Sei bellissima. Ti desidero, sentilo.»

Le prendo la mano sinistra; la appoggio sulla patta dei miei pantaloni di panno grigi e la guardo con la coda dell’occhio mentre sto guidando. Colgo un sorriso, la piacevole sensazione di essere voluta le accende le gote: Sento la sua fragranza nell’abitacolo, profumo leggero e odore di buono, pulito e chiaro. Mi viene ancora più duro mentre do l’ultimo tiro alla sigaretta che butto via abbassando il finestrino.

Da un piccolo colpo di tosse e spegna la sua nel posacenere poi mi guarda. E’ truccata giusta, le sopracciglia curate le elevano gli zigomi. I suoi occhi scuri brillano, conto almeno sette regine luminose e guerriere, il volto è teso nell’impresa. Siamo amanti che stanno per fare sesso la prima volta, siamo complici, siamo furtivi, eccitati, determinati. Ci vogliamo. Parla.

«E’ la prima volta per me. Mi sento bene e male nello stesso momento. Mi sono fatta trascinare da te in questa cosa, anch’io ti desidero, sto come annebbiata, non penso a lui e se sei d’accordo non ne parliamo.»

«Ok, mi sta bene. Se vuoi parla di te, se non vuoi mi basta tu sia dove sei adesso. Mi piace ascoltare, se ti mette a tuo agio dimmi quello che vuoi.»

Esita.

«Sto bene, ok. Mi piace questa musica, non la conosco ma mi piace.»

Usciamo dalla città verso l’albergo, in silenzio tra noi, solo occhi che fremono. Di colpo percepisco di nuovo inquietudine e mi faccio contagiare, non sono più tranquillo come prima ma mi piace la tensione. Scelgo di non parlare e prendo il pacchetto, un’altra sigaretta. Lei mi fotocopia.

«Sto guidando,  me la accendi per favore?»

Fumare ci placa, ho voglia di un caffè e le chiedo se le va. Sembra ancora imbarazzata, guarda fuori dal finestrino la strada che scorre mentre ci allontaniamo dai nostri fatti, dalle nostre beghe, dalle persone con le quali siamo in relazione.

«Ok, si, va bene il caffè.»

Esco dalla strada statale per una frazione, so che c’è un bar tabacchi fuori mano. Nel piccolo spiazzo fermo la macchina, si guarda in giro poi si precipita fuori dall’auto con una fretta senza motivo. Scendo e chiudo la portiera. Lei cammina poi si ferma, mi aspetta, la affianco incedendo allora mi cinge e infila un braccio sotto il mio fianco, appoggia la testa sulla mia spalla destra mentre entriamo nel bar. E’ deliziosa e audace, timida maga. Il caffè è squisito, amaro e buono.

Pago e le spalanco la porta per uscire, mi guarda sorridendo.

«Che gentleman! Lo fai sempre alle donne con cui vai a letto?»

«Ti piace il fatto che vada a letto con altre donne?»

«Forse, o forse no, lo devo ancora capire.»

Sorrido e mi accendo un’altra sigaretta. Dopo il caffè è la sua morte.

«Cazzo fai, mi apri la porta per uscire e non mi offri da fumare?»

«Certo, prendi.»

Si mette la sigaretta in bocca e faccio la capannina con le mani per aiutarla ad accendere, ci guardiamo, di nuovo le si accendono le regine negli occhi, stavolta è diverso da prima, brillano di più, ora è distesa.

Rientriamo in macchina, scelgo di non aprirle la portiera vista la risposta di prima però dentro l’abitacolo glielo dico. Ridiamo, è bellissima e i lunghi capelli ricci ridono con lei. Ho voglia di baciarla ancora e lo faccio. Ora l’inquietudine è diventata altro, siamo eccitati, il suo odore si fa più forte, spasmi feromonici in corso.

Ingrano la marcia con velocità, andiamo in albergo; dai garage sotterranei c’è un ascensore che va ai piani. Le dico di aspettarmi in auto. Salgo a piedi nella hall, la titolare mi conosce e non batte ciglio. Le lascio il documento e mi da la chiave. Numero 101, terzo piano; stanza fumatori. Torno giù in macchina e stavolta le apro la portiera. Scende dalla sua parte, dritta sui suoi stivali la blocco e la ribacio. La prendo a braccetto e faccio strada. Le metto la chiave in mano, lei sorride, 101, un bel numero. Entriamo in ascensore e mi si avvinghia alle labbra, mi stringe e mette le mani sulle mie natiche tirando forte a sé. Arriviamo al piano, poi davanti alla porta della camera mi blocca con il palmo della mano sul petto e mi fa:

«Due regole, solo due. Mettiamo musica di sottofondo e non mi tolgo il reggiseno, tu hai regole?»

«Si, una sola, il profilattico me lo metti tu, con la bocca.»

Ride sottovoce.

«Ok, una buona regola e con le mie siamo a tre. Affare fatto.»

Entriamo. La camera è piccola, al sole. Butto chiavi, sigarette, telefono, portafoglio sul tavolo e abbasso la tapparella. Mi volto e la vedo in piedi di fianco al letto, butta il bomber su una sedia, poi si sfila gli anelli ma non la fede, fatto curioso, non importa. Parla mentre si leva gli stivali.

«Fumiamo ancora e scambiamo due parole, mi eccita l’attesa.»

«Certo, giochiamo a fare gli amanti innamorati quindi?»

«Non è una cattiva idea.»

Si toglie la camicia, rimane in jeans e reggiseno nero. Abbasso il copriletto con un gesto solo, sapiente. Mi piacciono i letti spogli, bianchi. Le viene da ridere divertita, mi piace che rida come fa, radiosa. Mi tolgo scarpe e camicia, a petto nudo sto con i pantaloni anch’io. Accendo la tv su un canale radio, abbasso a cinque il volume. Le faccio un cenno, lei risponde con un si senza parlare. Si siede all’altro lato del tavolo e mi invita a fare altrettanto poi mi fa:

«Voglio chiederti come stai, come ti senti.»

Rido e mi accendo due sigarette in bocca, gliene passo una, la sua mano è indecisa, allora la guardo negli occhi:

«Sono a posto, sono qui con la testa, con il corpo, la mia mente è libera. Non c’è nessun posto al mondo dove vorrei essere che non sia qui, adesso.»

Sorride ancora luminosa, la osservo di nuovo e sono sopraffatto dalla sua bellezza. Mi passa per la testa che potrei farmi male con una come lei, me ne frego del passare in testa e sorrido anch’io.

«Non mi sarei immaginata di essere qui, me l’avessero detto tre mesi fa mi sarei offesa. Poi ti ho conosciuto, ho preso informazioni, mi sei piaciuto, hai qualcosa che mi ha maledetto dentro, ho iniziato a desiderarti e quando mi hai scritto che volevi fare l’amore con me ho sentito un eccitazione che non avevo provato da tempo. Una cosa nuova. E’ strano.»

«Che cosa è strano»?

«So che hai avuto altre storie.»

«Ah si?»

«Sai, le donne tra loro parlano e se vogliono mantenere segreti sono brave.»

«Quindi cosa si dice tra voi ragazze, parlate delle storie come queste?»

«Si, cosa si dice non te lo ripeterei mai, nemmeno sotto tortura, infatti vedremo…»

«Ah ah ah, donna dei segreti mi incuriosisci, sei bellissima e puoi dire quello che vuoi.»

«Stai facendo il piacione? Smettila. Dimmi delle altre donne, dimmi cosa le fai.»

«Piacione? Sono io, sono così L’argomento altre donne ti interessa molto a quanto pare.»

«Dimmi cosa le fai, voglio che fai le stesse cose a me.»

La guardo fisso e scuro sulle labbra, se ne accorge e per un micro secondo se le lecca, lo fa senza volere e torce appena il capo, è infastidita, vulnerabile, è scoperta, vuole ma sembra non sappia cosa e come. Il gioco mi piace, siamo come due ballerini allo specchio. Parlo:

«Le tratto da puttane, vuoi essere trattata da puttana?»

E’ la parola chiave, aspettavo il momento che mi capitasse tra le mani il cardine per aprire la sua porta, puttana era uno dei codici di accesso.

«Sei bagnata? Come stanno le tue mutandine?»

«Si, sono bagnata, smettila se no ti salto addosso.»

«Smettila tu, adesso basta parlare.»

Mi alzo e le prendo una mano sollevandola dalla sedia, in piedi la stringo a me con un braccio al fianco mentre con l’altra mano le prendo il collo. Ci baciamo ed è lungo, umido e caldo, le sue labbra sono finalmente mie. I capelli lunghi sono un groviglio di medusa nel quale odorare il suo segreto. Avvinghiati ci buttiamo sul letto e ci svestiamo a vicenda. Le sfilo i jeans con sapienza consumata, voglio arrivare alla fonte del suo piacere. Ha delle mutandine rosa di seta preziosa, perizoma. Gliele tolgo a due mani e la ribacio in bocca. Ora è lei che mi toglie i pantaloni, è decisa e veloce, mi guarda per un attimo il cazzo duro ancora intrappolato nei boxer neri di cotone stretti e torna tra le mie braccia. Me li tolgo io, sono nudo e lei pure, solo il reggiseno nero, rispetto le sue regole.

La pelle, il suo sapore, il velluto epidermico, la lunga chioma e ora l’odore pungente della sua fica bagnata mi arrivano nel cervello attraverso il naso. La giro e rigiro sulle lenzuola. So cosa vuole le faccia, so come vuole che lo faccia. Da puttana.

… continua


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