Mi sono scordato, ma non come uno strumento musicale

Surrealismi. Volendo anche esercizi di dialogo. Perché è così che ci piace.

« Te ti sei già dimenticato tutto quello che hai fatto? »

« Si, tutto scordato. »

« Io non mi sono dimenticato un cazzo, io non dimentico. »

« Guarda, secondo me ti prendi troppo sul serio e comunque se vuoi rimanere ancorato ai tuoi rancori chi sono io per disancorarti? »

« Te credi che sia come passare un panno su un banco? »

« No, solo che non ha senso che mi metta a spugnettare sulle mie scelte passate, potrei farlo, posso farlo ma in che modo cambierebbe il presente? »

« Io non dimentico e non voglio farlo, non mi fido e tanto te hai la testa bacata. »

« Sui bachi in testa avrei cose da dire ma vanno bene come sono, a me piacciono questi bachi, piace questa testa e il corpo in cui è posta va bene com’è. »

« Te sei sempre stato una delusione, non sei affidabile. »

« Continui a pensare il mondo, la vita, le cose in maniera seriosa, secondo quello che per te è serioso ma mi chiedo, da quanto tempo non ridi? Sei felice? L’autoironia non è il tuo forte, rischi seriamente di ammalarti. »

« Alè, ecco qua il maestro di vita, il saggio sapiente, te non sai un bel cazzo di niente! »

« Sono contento del mio nulla sapere, sono contento e basta, sai cosa? Mi basto e a proposito dei bastamenti, sono esperto ora si, di bastamenti, sto con me e mi basto. »

Mezzanotte e cinquanta, finestre spalancate e rumori notturni; strani tonfi, leggeri schiamazzi dalle serrande aperte del vicinato. Scende un silenzio greve tra i due, un senso – come – di inquietudine. L’accusatore è frustrato dalla calma serafica dell’altro. Vorrebbe esasperarlo, vorrebbe mettergli le mani al collo come ha fatto in passato, gli imputa molti dei malesseri che lo affliggono, più o meno consapevolmente, meno che più.

« Mi snervi, tanto a te non te ne frega un cazzo delle cose importanti della vita. »

« Ah ah ah, si? Dici che non mi frega un cazzo? E quali sarebbero le cose importanti della vita? Adesso sei passato te dalla parte del saggio, del maestro, di quello che sa come vanno le cose. Fai come cazzo ti pare, sto bene così. »

« Si! Te non c’eri quando lei stava male, dov’eri quando c’era bisogno? Eri a farti i cazzi tuoi, dietro ai tuoi deliri, le tue fighe matte, le tue storie malate, i tuoi attacchi psichiatrici, i tuoi ricoveri, egoista! »

« Mi pare VERAMENTE curioso che tu la prenda così sul personale, i miei vizi e stravizi sono sempre e solo stati i MIEI, se avessi voluto farli CONTRO qualcuno come te affermi non sarei qui ora, non starei come sto, la mia intelligenza sarebbe andata farsi fottere con queste “storiacce” come le chiami. Sai cosa penso invece? Che ti rode il presente, non te ne capaciti e ti senti defraudato da una certezza, quella che non credevi mi sarei così alzato in alto, che sarei diventato questa qua, uno che si basta, che non ha desideri, aspettative e soprattutto privo di mancanze. »

« No. Non mi fido. Non posso perdonare, mi hai deluso troppe volte, sono ferite che non possono rimarginarsi. »

« Ok, va bene, il tuo passato, che credi sia anche il mio, è tuo e te lo lascio. Tieniti il tuo guardaroba di logore lealtà. Ho il tempo che mi rimane e mi sta bene. Sono nel pomeriggio inoltrato della vita, mi occupo di respirare, sopravvivere un giorno alla volta vedo se sono vivo ogni risveglio. Il corpo non è il mio corpo, la mente non è la mia mente. E’ tutto in prestito, è un dono che ci è stato fatto per vivere qui, ora e domani se ci sarà. Non posseggo il corpo, non posseggo la mente, non posseggo nulla e ho pochi oggetti dai quali sto bene attento a non affezionarmici troppo. E’ tutto volatile, è tutto vacuo. Fai come cazzo ti pare con il tuo prendere tutto sul serio. »

« E di tuo figlio cosa mi dici? Non lo cerchi mai, non incidi nella sua vita, non lo aiuti, non lo consigli, e io lo so bene di quanto ne avrebbe bisogno. »

« Mio figlio come lo chiami tu è una persona, è suo non è mio, si appartiene e di conseguenza fa cose, scelte, ha idee e considerazioni sue, non mi riguarda la sua vita a meno che non sia lui a mettermene al corrente. Sono, anzi, ero suo padre da piccolo, ora siamo due persone con un vincolo, solo se corrisposto altrimenti è un vincolo ipotetico. »

« Vaffanculo! »

« Bene. Prego, quella è la porta, puoi aprirla e chiuderla dopo che te ne sei andato. Ora puoi fare diverse cose, mettermi le mani addosso, è già successo e non mi sembra ci siano stati risultati, puoi spaccare qualcosa, non ho possessi quindi trascendo. Puoi andare via maledicendomi oppure potresti valutare una cosa che si chiama perdono. Decidi tu in che modo e in che forma. Non cerco il tuo perdono, sono a posto così, il passato non mi riguarda piuttosto penso al perdono che puoi riporre a te stesso, abbracciare tutte le tue rabbie, paturnie e ridere di queste, magari anche ridere di te. Ciao. »


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