Ventidue anni fa

Ventidue anni fa ho smesso di bere.

Dopo circa quarantacinque giorni di clinica rientrai in famiglia. Moglie e figlio di otto anni.

Entrai in Clinica per loro, smisi di bere per loro.

In questi 22 anni di sobrietà dal consumo di alcol ho sentito ripetere spesso – da chi non sapeva cosa stava dicendo – questa frase: «Eh… ma è è per te che devi smettere di bere se no non conta». Tra tutte le cazzate possibili in argomento questa era spesso la più ricorrente. Guardate bene, conta smettere punto. Per chi o per cosa o per Padre Pio o per la Madonna non conta un cazzo, è smettere che conta. E’ non ricominciare che conta. La modalità della “scusa” per smettere va bene, sempre. Smettere di bere è – senza alcun dubbio – ciò che mi ha portato qui a ticchettare sui tasti. Sono vivo, se non avessi smesso no. Non ho la contro prova ma so com’è andata, è andata bene. Era quello che volevo.

Venni dimesso dalla Clinica poco prima di Natale.

I primi venti giorni di Clinica feci il bravo, feci il soldatino, mi comportavo a modo, seguivo le regole e cose così. Mi imbottirono di farmaci (ero in grave astinenza e per fortuna c’erano i farmaci) tuttavia la chimica farmaceutica per la crisi di astinenza dall’ alcol – nel 2001, adesso sono certo di è molto migliorata – era potente e sfasava anche altro nel cervello. Dopo una ventina di giorni venni dimesso ma ero confuso, scombinato mentalmente oltre misura, non azzeccavo pensieri coerenti e con il bene placido dei tecnici che mi seguivano e della mia famiglia rientrai in clinica. La vissi come un fallimento e siccome – allora – si poteva uscire un ora al giorno andai in un supermercato lì vicino e comprai una bottiglia di limoncello. Assumevo quotidianamente il disulfiram ma non me ne è fregato un cazzo, volevo bere e ho bevuto, la bottiglia intera di limoncello, quasi a canna. Il disulfiram è un inibitore dell’aldeide deidrogenasi, ciò porta ad un accumulo di acetaldeide nel sangue che genera sintomi spiacevoli (palpitazioni, cefalea, vomito, etc.). Spiacevoli è un eufemismo se messi al cospetto di una bottiglia di liquore in due sorsate. Lo bevetti in clinica, in camera, l’avevo nascosto nel giubbotto al rientro dall’ “ora d’aria”. Ero mezzo morto. Ho ricordi confusi dei due giorni seguenti poi piano piano mi rialzai, in tutti i sensi. Benedico quella bottiglia di limoncello, è stata la chiave di volta, la fine della storia, almeno per molto tempo. Dopo 45 gg circa tornai a casa.

Fino alla ricaduta seguente, dopo una decina d’anni. Ne ho avute altre dopo quei dieci anni, l’ultima quattro anni fa, poi basta, stop, festa, fine della storia. Ogni ricaduta è stata benedetta, utile, sono immensamente grato alle mie ricadute nell’alcol. Ogni volta si riaccendeva una potente crisi, la crisi provocava cambiamenti e sono arrivato qui, ventidue anni fa ho smesso di bere alcol.

L’alcolismo non è una malattia, è uno stile di vita, un comportamento che, se modificato porta alla sobrietà. Continuare a considerare l’alcolismo una malattia è via facile, è delegare al potere superiore “malattia” l’escamotage per disattendere le proprie responsabilità.

«Sono malto di alcolismo, la malattia è più forte di me e mi arrendo alla malattia»

«E’ il mio bere che è sbagliato»

«E’ l’abuso che fa male, bere moderatamente va bene»

Queste frasi le ho sentite mille e mille volte e le sento ancora, va bene tutto, se poi questo aiuta a non bere, cioè a non ricominciare va bene, tuttavia. Il tuttavia è appunto la responsabilità verso me come persona. Sono un alcolista. Lo rimango e lo rimarrò per sempre. Un alcolista lo si è per tutta la vita ma cambiando gradatamente il mio comportamento come uomo, il mio stile di vita appunto, l’alcol non è importante. Lo è stato importante ora non lo è. Non conta, esiste ma non esiste per me.

Questa cosa che chiamo sobrietà non è solamente non bere è uno stato di benessere fisico, psichico e sociale in equilibrio armonico con me e con le persone con le quali sono in relazione.

Non sono fiero né orgoglioso di aver smesso di bere – l’ego lo lascio nel ripostiglio che sta bene lì dov’è – è un fatto che ha decisamente svoltato in meglio il mio bel quotidiano.

A proposito dell’ uso e abuso, mah. Non ho mai conosciuto nessun alcolista che prima non fosse un bevitore moderato. Cosa significa moderato? Cosa significa alcolista?

Bere è un rischio e basta. Non esiste una soglia di consumo di alcol che possa non essere considerata a rischio. Ripeto, nessun alcolista beve per diventarlo, ogni alcolista è stato un bevitore moderato. Il rischio c’è per ogni persona che consumi alcolici.

Se passate da queste parti e leggete questa storia dite la vostra nei commenti, sono disposto al dibattito, sarebbe un piacere. Se no è lo stesso.

Ho scritto questo post per me, per divertimento e per il piacere di scrivere.

San Francesco è morto e non sono un emulatore.

Siate felici.

Tiziano G.

2 pensieri su “Ventidue anni fa

  1. Avatar di Sconosciuto Anonimo

    Leggendo questo tuo scritto sull’alcolismo, sono entrato in contatto con il dolore. Credo che il dolore sia una zona sacra. Nelle zone sacre non si deve entrare, non si può entrare con faciloneria. Penso ai turisti che entrano a Santa Maria in Fiore o altri templi. Anch’io l’ho fatto. Siamo in un epoca dove la disattenzione è legittimata a governare praticamente tutto, anzi è caldamente consigliata dalla TV, dai giornali, da internet.

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