Il palo santo bipolare

Una  vecchia e arcaica domanda mi perseguita, scriverlo prima il titolo di un racconto, un post, un cazz, un block, un puah o quel che è? Sarà stato il 2009 o giù di lì, me lo sono chiesto la prima volta e non ho la risposta, che sia un bene o un male?

Tra persone sole ci si intende; sembra un buon titolo. E’ una bella frase e se poi con il contenuto che viene dopo non c’entra un cazzo è lo stesso, in fondo è solo un racconto, un post, un block, un puah e via di seguito. Mi piace il punto e virgola, segno grammaticale di punteggiatura desueto e oramai sottostimato, sottovalutato; non è che faccio il figo ma mi piace.

Quanto c’è nel non detto che  riempirebbe biblioteche di mezzo mondo. Anche questo parrebbe un buon titolo.

Botte di malinconia che arrivano così, boh dal nulla. Malinconica percezione di solitudine che poi volendo prego: “si anteponga” che va bene lo stesso. Mi gira la testa se la muovo in fretta, mi manca l’aria se comprimo e tento il respiro affannoso, mi manca quello che non so cosa sia e non so perché mi deve mancare qualcosa che non so cosa sia. Non so un cazzo di niente e allora il percepito cala, la nebbia diventa buio, il buio mi attrae, sono sempre stato bene nel buio, nel nero, nell’ombra. Colpa della chimica e del governo ladro, illusioni, colpa della mente che appunto fa regolarmente il suo lavoro di alterare la verità ma anche di mente – mentore, volendo.

Sarà la primavera in anticipo, sarà il troppo pepe e aglio crudo nelle insalate, sarà che è umano vagare nel labirinto solitudinario, umana – mente tanto per cambiare. Il bipolarismo vero o presunto crea problemi ma nel rovescio della medaglia arricchisce, no, non sto parlando degli stipendi degli psichiatri e dei produttori di chimica, incrementa di opportunità e occasioni chi lo vive; è una gigantesca cazzata da dire a chi ne soffre eppure è vera. Il bipolarismo alimenta una strana parte giudicante di se, si imbizzarrisce e come una lingua demoniaca ti fa ricordare atteggiamenti anche appena passati con dolore dentro il corpo, si, anche fisicamente. Per lo più un serio tormento, pare nulla di grave, se non l’avete provato scritto così non fa male, si, forse, vabbè.

Conviverci, si, va bene. Va anche bene stocazzo, ce lo si fa andar bene. E’ come un puma nascosto, in agguato, capace di rimanere dietro la roccia fredda ore, giorni settimane e mesi, poi bam, ti assale e non ci capisci più un cazzo. Non so come mai l’umore varia improvviso e i giudizi personali si scontrano con quel che effettivamente è.

Ho preso del buon palo santo e ne ho acceso un botto. La stanza profuma di dolce e speziato, resina e mistero. Questo legno – incenso ha una sua forza, secondo me parla a chi lo annusa e probabilmente stasera non ne sono esente. Tanto per trovare una colpa a qualcuno e qualcosa la mia idea è che sta botta di malinconia venga dal palo santo. Ora, scherzi a parte ho la mia verità in merito. Abitavo in un piccolo appartamento e facevo uso quotidiano di palo santo quindi l’aria ne era costantemente intrisa. Ricevevo persone a casa e dall’espressione del loro viso sulla porta intuivo con chi avevo a che fare. Se la faccia mostrava imbarazzo e cose così erano potenzialmente dei rompicoglioni – ho verificato – se invece si accendevano in un sorriso per lo più sarebbe andato tutto bene, che fossero affari o altro – ho verificato – andava tutto con linearità, easy, leggero e facile. Fate una prova palosantesca se volete, accendetene un bacchetto in mezzo a un gruppo di persone ignare, vedrete le loro reazioni, chi si chiederà cos’è sto buon profumo e chi si guarderà intorno stranito, forse – è probabile – disorientato. Sto seminando possibili titoli a manetta, ne vedo già diversi buoni qui sopra. Uno potrebbe essere il palo santo bipolare, mi piace.

Naturalmente il bipolarismo ha la sua panacea chimica, che ho assunto da una decina di minuti e magicamente la botta di malinconia si è sciolta diventando… boh, non c’è più e quindi va bene, o va male?

Pigliate na pasticca quindi, basta poco checcevò? Infatti, ma non è che il bi – polar – is – mo scompare, il puma ritorna nella tana ma quando avrà fame si riaffaccerà, verrà di nuovo a chiedere cibo e così via, fino alla fine, per sempre.

Per sempre non esiste è un altro titolo della madonna. Verso la fine degli anni ’00 avevo un blog che si intitolava così: “per sempre non esiste”, in origine si chiamava in un altro modo, mi ricordo ne cambiai il nome una domenica mattina alle nove, prima di andare a Parma, in un momento di merda, in un periodo di merda quando la colpa di tutto era sempre di altri e altre, bisognava cercare le colpe e vabbè.

Soccia la chimica è buonissima! Con la musica in sottofondo di A Beautiful Lie dei 30 Seconds to Mars mi sbatto sulla seggiolina e il dorso mobilita seguito dalle braccia, conseguenza della pillolina rosa. Alleggerire lo spirito e alleggerire l’anima, il corpo. Il buio e il nero rimangono amici perché tra persone sole ci si intende. Noi due cioè i miei me ora vanno d’accordo, soli e malinconici, ebbri di leggerezza sintetica e si vogliono bene. Comunicano tra farfalle nello stomaco e stimoli sfinterei, piacevoli per lo più.

Vorrei poter dormire come dorme la gatta, disintegrata sul cuscino di una sedia. Lei è musa e ispirazione, un ottimo modello di riferimento, senza rammarichi e illazioni, solo vane parole.

Non mancherà poi molto, esorcizzare la fine con un buon bicchiere, di acqua sia chiaro, magari fagocitata in gola con un imbuto a pressione, facendola sembrare una tortura, una tortuga o una tartaruga anche va bene.

Le parole nascondono le parole veloci, alimentano palpitazioni e il cuore sbatte su se stesso. Ammalatevi e capirete lo splendore del rovescio della medaglia. Le droghe non sono una soluzione ma aiutano. Altro bel titolo possibile.

Ciao

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